Terzo incontro del corso di Storia dell’Arte del ’900.
Venerdì 6 dicembre, Francesco Guzzetti parla su
Il dilemma del classico. Mario Sironi e l’astrattismo. Due casi alternativi nella concezione della classicità: Sironi e gli astrattisti milanesi degli anni Trenta.
Abstract. Uno degli aspetti cruciali per comprendere l’operato degli artisti è il loro rapporto con la tradizione, con il passato che li ha preceduti. Per molti di loro il riferimento principale nel XX secolo è la tradizione classica, quel mondo antico inteso come bacino della civiltà e delle sue forme più alte di pensiero e rappresentazione: è il grande mito dell’Italia degli anni Trenta, favorito dalle numerose committenze del regime fascista in ambito architettonico e figurativo.
Mario Sironi di questo mito è tra i principali interpreti: le committenze pubbliche e l’aspirazione all’arte murale sono i parametri entro cui si costruisce la sua poetica, volta a recuperare, dell’antico, uno spirito tragico tradotto in forme potenti. Ma nella stessa città di Sironi, Milano, addirittura nella stessa galleria in cui vende il pittore, Il Milione, un gruppo di artisti si muove attorno a ricerche di taglio internazionale: astrattisti, di cui Fausto Melotti è l’interprete in scultura, per i quali il vero classicismo moderno, realmente penetrato nel suo spirito mediterraneo, è l’astrazione, e i suoi valori di geometria, simmetria, ordine.
Due filoni, due alternative, due risposte a una domanda che pare definire un intero decennio: quale presente (e quale futuro) per il classico?