Dino Uberti
Nato a Zumaglia (Biella) il 25 marzo 1885, ebbe una formazione giuridica che lo condusse alla laurea in legge in parallelo con una seria formazione artistica che, benché amatoriale, mise in luce considerevoli qualità di pittore, che Dino Uberti ebbe modo di confermare quando, lasciata ormai l’attività imprenditoriale, poté dedicarsi completamente a quella artistica.
L‘impresa di famiglia, la “Sfilacciatura Uberti”, operava la lavorazione e il riutilizzo dei cascami dell’industria laniera. L’avvocato Bernardino, detto Dino, Uberti ne dirigeva con successo la filiale biellese che forniva polvere di lana, usata imbibita di nitroglicerina per produrre lanite, un prodotto utilizzato come esplodente.
È lecito supporre che sia stato nell’ambito delle relazioni commerciali tra la “Sfilacciatura Uberti”, che riutilizzava i cascami di lana del ciclo produttivo della “Pettinatura Italiana” di Vigliano Biellese dei Trossi, che si siano stabiliti i rapporti che condussero Dino Uberti a incontrare la figlia di Carlo Trossi, Corinna e al loro matrimonio.
Pur da amatore, Dino Uberti amò sempre l’arte e la praticò; frequentò gli artisti più in auge, espose a Milano da Scopinich, a Firenze, a Torino, a Bruxelles e alla livornese Bottega d’Arte dove nel 1945 per la prima volta presentò una ventina di dipinti.
Dino Uberti fu collezionista raffinato di opere della pittura lombardo-piemontese e veneta (Cremona, Segantini, Ciardi, Nono) e poi di opere macchiaiole (Signorini, Fattori). Tra altre tavolette fattoriane, nel 1928 alla vendita Galli alla Galleria Scopinich acquisì alla sua raccolta “Le botti rosse” e “Diego Martelli a Castiglioncello” (questa adesso a Livorno nella collezione del Museo Fattori). Queste opere, come altre, furono in seguito cedute in varie epoche alla collezione milanese di Ida e Giacomo Jucker.
Dino Uberti morì a Livorno l’11 ottobre 1949. La sua tomba, a fianco di quella della moglie Corinna Trossi, si trova nel cimitero monumentale di Oropa.
Come si può osservare nelle sue diverse opere ancora conservate nella Fondazione e in quelle che di quando in quando appaiono sul mercato, il suo fare pittorico fu sempre maturo, senza debolezze formative e in quelle più datate anche formalmente raffinato, esibendo un’eccellente qualità di soluzioni pittoriche nella natura morta come nel ritratto.
A giudicare da queste sue opere, ascritte a epoche diverse, si rileva sempre il riflesso consapevole di una contemporaneità espressiva che è traccia di sicura sensibilità artistica all’aria del suo tempo.