L’arte simbolista è il tema della prossima conferenza del Corso di Storia dell’Arte del ‘900


Mediagallery

Venerdì 6 febbraio alle ore 17.30, la lezione di Monica Chessa presenta

L’arte simbolista: verso l’autonomia espressiva

Abstract. “Se quel mare tu lo vedi rosso, dipingilo di rosso” diceva Paul Gauguin al termine del XIX secolo. Con questa affermazione egli intendeva sostenere la totale libertà interpretativa dell’artista, a cui è concesso il diritto di trasfigurare il dato naturale secondo la propria visione.

La consapevolezza del valore creativo autonomo del linguaggio visivo non è stata, infatti, una conquista esclusiva dell’astrattismo. L’esasperazione dei contenuti espressivi delle immagini dei Fauves, la valorizzazione della creazione artistica proclamata dalla cultura romantica, l’arte vista come mezzo per indagare ciò che è oltre il dato sensibile in epoca simbolista; le indagini dei pittori neoimpressionisti sui rapporti tra i colori svincolati dai problemi di rappresentazione e la scoperta di Gauguin di poter dipingere il mare rosso, se così lo si intuiva, sono dei chiari segnali di un processo di ricerca delle origini più autentiche della realtà, che andavano oltre l’apparenza.

Gli antecedenti della speculazione astratta risalgono, in particolar modo, a numerose enunciazioni teoriche provenienti dall’ambiente simbolista francese, i cui risultati più significativi sembrano concentrarsi tra il 1888 e il 1890 presso la scuola di Pont-Aven.

Nel 1888, infatti, Paul Gauguin dichiarò che “l’arte è astrazione”, mentre Paul Sérusier, un pittore facente parte del gruppo dei Nabis, eseguì l’opera di piccole dimensioni intitolata Talismano, uno dei primi esempi di emancipazione, attraverso l’uso del colore, della pittura dal verismo mimetico.

Sérusier, inoltre, pubblicò l’ABC della pittura, un breve trattato in cui la teoria dei numeri primi era affiancata a un complesso simbolismo legato alla tradizione teosofica e ad antiche dottrine filosofiche.

Questo difficile connubio era protesto verso una sintesi geometrica e una semplificazione delle forme che caratterizzò anche le teorie artistiche di un altro significativo componente dei Nabis, Maurice Denis, che nel 1890 affermò che “un quadro, prima di essere un cavallo di battaglia, una donna nuda o un aneddoto qualsiasi, è essenzialmente una superficie piana ricoperta di colori in un certo modo accostati”.

Le affermazioni di Denis, inaugurando il percorso verso il distacco dalla rappresentazione del reale, costituirono un viatico verso l’astrazione.